“Abbiamo bisogno di far crescere culturalmente il prodotto e di acquisire la consapevolezza che il settore ittico è molto importante, così come avviene in Francia e Spagna dove sanno ben valorizzare il comparto. Credo che eventi come Seafood Summit servano proprio per far cresce culturalmente il settore, per far acquisire alle imprese una mentalità nuova e far si che ci sia un ritorno alla profittabilità, soprattutto in un momento in cui i prezzi delle materie prime stanno crescendo. È una sfida che dobbiamo affrontare, anche in funzione dell’incremento previsto nei prossimi anni circa il consumo di pesce e molluschi.”
Queste le parole di Gabriele Chiodi, founder di Chiodi Consulting, co-organizzatore insieme a Mark Up della 5° edizione di Seafood Summit, l’evento di riferimento per la filiera ittica che ha realizzato una fotografia a tutto campo su produzione, mercato e consumi in un comparto in perenne equilibrio tra italianità e globalizzazione. L’appuntamento ricco di contenuti specialistici ha visto la partecipazione dei principali player della produzione e della distribuzione.
Anche quest’anno, SG Marketing è stato partner scientifico di questo progetto che ha l’obiettivo di presentare le istanze del consumatore finale e le esperienze che le aziende stanno mettendo in campo. Salvo Garipoli, direttore SG Marketing, è intervenuto al Summit per illustrare i risultati dell’indagine “Anche il reparto pescheria si adatta al new normal” condotta presso consumatori e trade, da cui è emerso che il consumo del pesce è in crescita nelle famiglie italiane, guidate dal trend salutistico, ma le parole d’ordine sono praticità e sostenibilità.
“Nel periodo di riferimento che va da gennaio a settembre 2021-ha spiegato Garipoli- il trend degli acquisti dell’ittico è aumentato a volume e a valore, rispettivamente del 5,5% e del 9%; all’interno del comparto si segnala un aumento ancor più rilevante per quanto riguarda il pesce fresco e decongelato sfuso e confezionato, che ha segnato un +14,7% a volume e ben +19,3% a valore. Il Covid ha aiutato il fattore di innesco e oggi l’ittico incide per l’8,7% sulla spesa alimentare del consumatore italiano che acquista pesce perché è salutare (81%), perché è gustoso (79%) e perché è versatile (72%). E in particolare il 34% dei consumatori sta indirizzando il proprio consenso verso l’acquisto di prodotto tal quale, il 35% eviscerato a filetti/tranci, il 19% pronto da cuocere e il 15% pronto da mangiare.
Secondo le previsioni del consumatore il consumo di pesce aumenterà, soprattutto il fresco tal quale (26%) e fresco eviscerato a filetti/ tranci (24%). Nel percepito dichiarato è priorità che il retailer garantisca il processo di acquisto più basico. Da qui a tre anni lo scaffale è destinato a cambiare sensibilmente: il consumatore sempre più andrà a prediligere l’innovazione, quindi i pronti da cuocere e i pronti da mangiare. Tuttavia lavorare per scaldare il reparto significa affrontare sensibilità differenti. Ad esempio, lo 0,4% dei consumatori conferma che l’acquisto di pesce è riservato al canale online: è solo l’inizio di un percorso. Per il 51% infatti l’acquisto del pesce è al banco servito: ciò significa che nel percepito, il consumatore non intende farne a meno.
E in tema di sostenibilità -conclude Garipoli- il 4,4% dei consumatori italiani ritiene che un pesce sostenibile sia quello pescato nella stagione giusta, sempre il 4,4% pensa che sia quello allevato senza ormoni/antibiotici, ancora un 4,4% ritiene che sia quello pescato mediante una pesca sostenibile. In riferimento alla disponibilità a pagare di più, un 20% dei consumatori sarebbe disposto a remunerare maggiormente il prodotto italiano e un altro 20% il prodotto a km 0 o locale.”
Laura Seguso