Durante l’ultima l’edizione del Seafood Global di Bruxelles, la più grande fiera mondiale del settore ittico, il commissario europeo per la pesca, il maltese Karmenu Vella, ha condiviso l’impegno con rappresentanti di commissioni mondiali per eliminare entro il 2050 la plastica dagli oceani. Dopo la scoperta del mare galleggiante di plastica nell’oceano Pacifico la questione ambientale ha subito un’accelerazione. Il calo delle catture è il risultato dello sfruttamento eccessivo dei mari ma anche l’inquinamento sta causando una vistosa riduzione del pescato che si ripercuote sui prezzi del pesce. L’Europa è un mercato non autosufficiente e, come l’Italia, deve importare quasi il 70 per cento del pesce che consuma perché il Mar Mediterraneo è oramai contingentato e anche la pesca in Atlantico dovrà essere regolata con fermi pesca che ne consentano il ripopolamento. Il Marocco ferma i suoi pescherecci già da vent’anni e altri paesi africani prospicienti le coste atlantiche hanno posto regole alle flotte dei paesi di tutto il mondo che battono le loro coste alla ricerca di pesce. Anche nell’oceano Indiano la situazione non è molto differente: fra le due potenze mondiali del settore la Cina e l’Indonesia si è scatenata una sorta di conflitto per lo sfruttamento dei mari. Insieme con il Vietnam, terzo paese produttore globale riescono a rifornire l’occidente di prodotti ittici, in particolare crostacei e mollame, come polipi, calamari o seppie che consumiamo abitualmente a casa o al ristorante. L’Europa dovrà guardare verso l’oriente così come gli operatori del settore dovranno guardare sempre di più a quei paesi per soddisfare la domanda crescente di prodotto che viene dai nostri mercati.
Gabriele Chiodi